MARE FUORI: l’autorevolezza è dei fessi?
Si parla tanto di autorevolezza ma in pochi sanno bene cosa sia e soprattutto come si applichi. A Mare Fuori dicono che l’autorevolezza è dei fessi. Sei d’accordo?
Tempo di lettura 13 minuti!
Lo stimolo mi giunge dalla decantata serie tv trasmessa dalla Rai e in streaming: Mare Fuori. In essa ho colto il tema dell’autorevolezza che troppo spesso viene vista come “fessitudine”.
Tre stagioni e tutti ne parlano e nonostante sia sconsigliato ai minori, anche i bambini sanno chi sono i protagonisti: Ciro, Rosa Ricci e “Chiattillo”.
Una serie che è diventata un fenomeno mediatico e lo stesso Fiorello, prima su Rai2 e poi su Tic Toc, si diverte a rifare il verso ai protagonisti catturando l’attenzione di molti e portando all’emulazione spontanea di battute tormentone come: “So Ciro e so’ turnat p’accidirt”.
Rimango ferma sul fatto che a mio parere, Mare Fuori, sia una serie per ragazzi e non per bambini e che vada, in ogni caso, accompagnata dagli adulti.
È anche vero che non è facile da vedere la tv insieme agli adolescenti…
Attenzione, non è detto che i genitori debbano vedere Mare FUORI in compagnia dei propri figli adolescenti, ma se i figli adolescenti l’hanno vista, vale la pena impegnarsi a guardare la serie per capire in che modo e da cosa i figli sono stati attratti e se seguono una linea di pensiero custodita dal buon senso.
Provo a condividere con voi le mie osservazioni.
Si parla di un carcere minorile che ha lo scopo di orientare ed educare i ragazzi che vi sono arrivati per mille motivi diversi e inimmaginabili.
L’impostazione educativa scelta dal comandante ( Carmine Recano) e dagli educatori che seguono i ragazzi dell’IPM (Istituto Penale Minorile) è quella dell’autorevolezza.
Si tratta di adulti che scelgono di credere nei ragazzi. Sanno da dove arrivano, che tipo di società frequentano e che famiglia hanno alle loro spalle.
Attraverso queste informazioni ne comprendono il linguaggio e ritengono che per l’età così giovane sia “feconda” la possibilità di aiutarli a sperare e sognare altre strade più sicure.
Sono convinti che, anche se con tempi molto lunghi, i ragazzi possano comprendere le conseguenze delle loro azioni e sviluppare idee nuove e più rispettose per se stessi e per gli altri.
In che modo?
Offrendo loro l’esperienza dell’empatia e soprattutto dell’accettazione incondizionata al fine di farli sentire amati.
Solo l’amore cambia, e fuori c’è il mare che li aspetta alimentando la speranza!
AUTOREVOLEZZA ED AUTORITÀ: qual è la differenza?
L’autorevolezza è una capacità e si attiva costruendo un valore personale. In quale modo:
- La persona autorevole è quella che sa più degli altri,
- nonostante questo ha la capacità di ascoltare i pareri altrui in quanto è anche consapevole dei suoi limiti.
- Sa che la capacità di comunicare è fondamentale e può essere innata o può essere acquisita partendo dalla buona conoscenza di sé.
Ben diversa è l’autorità che tutti conoscono un pò meglio perché tramandata in modo più diffuso. Chi fa uso dell’autorità sceglie:
- di essere competente,
- di usare uno stile direttivo e senza replica,
- segue le regole in modo preciso,
- si aspetta l’ubbidienza da chi è gerarchicamente in una posizione inferiore,
- accetta di ubbidire anch’egli a chi ha un compito di rilievo superiore al suo.
A seconda di come variano il contesto e gli obiettivi varia l’uso dell’una o dell’altra modalità.
Autorevolezza ed Autorità, dunque, possono coesistere e modularsi?
Vi racconto cosa accade a me
Mi occupo di educazione alle relazioni familiari e sociali e pertanto sono, non per natura, formata a seguire la pista dell’autorevolezza con punte di direttività dove è strettamente necessario.
Credo fortemente in questa modalità che permette all’altro di sentirsi accolto fino a fare spazio ad un esempio da seguire o ad un suggerimento.
Tuttavia, sono consapevole delle “voci del passato”, voci “familiari”, “culturali” che mi invitano, soprattutto come mamma, a fare riferimento all’autorità genitoriale appresa dai genitori e tramandata culturalmente di famiglia in famiglia.
“Se non ti fai ubbidire non sei rispettato!”, provo a tradurre: forse non sei un buon genitore, non sei pienamente capace nel tuo ruolo di educatore, ti fai “sorpassare” dai tuoi figli.
Quel desiderio di “farmi rispettare” imponendomi con l’autorità sulle mie figlie si affaccia in me ed a volte prevale. A volte in modo giusto altre in modo del tutto inefficace.
Più spesso mi chiamo ad un grande sforzo intellettuale, fisico ed emotivo per fare un buon discernimento e provare ad attivare le risorse migliori.
Questo mio sforzo vi farà capire quanto è forte in me la convinzione appresa attraverso gli studi fatti: con il ragazzo adolescente la modalità autoritaria non solo è inefficace, ma allontana!
Cosa dice Galimberti
Filosofo saggista e psicoanalista italiano nonché giornalista, sostiene che il compito educativo dei genitori, quando i figli compiono 12 anni, cambia assetto e passa da una posizione verticale (dall’alto, autoritaria) ad una orizzontale (al fianco, autorevole).
A quell’età, entrando in campo lo sviluppo, gli ormoni e l’impulso sessuale, il figlio promuove fortemente il suo bisogno di autonomia e di affermazione ed il genitore perde pericolosamente la connessione per rincontrarla quando il figlio avrà superato i venti anni.
“Ecco se volessi definire l’autorevolezza come uno “stato”, direi “di continuo ma efficace precario equilibrio”.
COME DIVENTARE AUTOREVOLI?RISCHIANDO ANCHE DI PASSARE PER “FESSI”!
Se, come me, decidete di divenire autorevoli è importante che facciate conoscenza per bene con il vostro modo di pensare, di sentire e di agire in modo da esserne consapevoli e lavorarci sopra.
Un esempio è quando per si innesca uno scatto di rabbia.
Potremo dire che c’è una risposta emotiva, la rabbia, che a sua volta è sostenuta sicuramente da un pensiero fastidioso.
Fermandoci un attimo potremo leggere bene quel pensiero fastidioso che sta motivando la rabbia e cogliere da cosa è alimentato.
Potrebbe essere alimentato da un giudizio di valore del tipo:
- “Non mi sento riconosciuto nel mio ruolo”,
- “Non so farmi valere”,
- “Che brutta figura sto facendo”.
Oppure a sostenere quel pensiero fastidioso potrebbe essere un senso di ingiustizia rispetto a delle aspettative:
- “Mi sono impegnato tanto non mi merito questo tipo di risposta”,
- “Non hanno mai fatto le multe qui, oggi a me l’hanno fatta”.
Od ancora da un criterio ereditato dalla propria cultura o acquisito da un’esperienza personale:
- “Per educazione avrebbe dovuto contraccambiarmi il favore”,
- “Certamente non è il modo di comportarsi con me che sono sempre gentile!”.
Questa piccola analisi del pensiero fastidioso che alimenta l’emozione, si chiama “esplorazione di sé stessi”.
È un ottimo lavoro che aiuta a comprendere quali sono le motivazioni che attivano quell’emozione che porterà probabilmente: ad un’azione, ad un provvedimento, ad una decisione impulsiva. Non pienamente riflettuta.
Quando si vuole accedere all’autorevolezza e puntare ad una sana e buona leadership è necessario imparare a fare questo passaggio auto-esplorativo.
Solo in questo modo si sarà capaci di attivare la conoscenza delle proprie capacità e risorse e dei propri limiti e non ci saranno “agganci insani” che attiveranno la parte reattiva fuori da un controllo consapevole!
REATTIVITÀ ED IMPULSIVITÀ, QUALI SONO GLI EFFETTI?
La reattività è un automatismo.
Essere RE-ATTIVI significa rispondere ad un’azione con una RE-AZIONE immediata e spesso non portata all’attenzione della parte riflessiva del nostro cervello.
Quando invece scegliamo di aspettare, di non reagire, ci accorgiamo che “a freddo” mettendo una distanza dall’evento che ci è sembrato una provocazione, arriva una RISPOSTA e ce ne accorgiamo perché ci fa sentire fieri di noi stessi.
Accade di essere reattivi, l’importante è esserne consapevoli e sapere che quella è una modalità che noi scegliamo di non gestire ma è gestibile.
Essere RIFLESSIVI presuppone che all’arrivo dello stimolo, sappiamo già che i primi pensieri saranno di un certo tipo (re-attivi, impulsivi), li potremo osservare, ascoltare ed anche prendere in considerazione.
Potremo provare a valutare con calma, accogliere l’emozione che scatta e rimandare l’azione a quando saremo pronti e liberi di scegliere per dare una Risposta.
Magari la risposta sarà uguale alla reazione che avremmo avuto d’impulso ma l’avremo scelta.
È questa la differenza sostanziale, scegliere chi vogliamo essere.
L’AUTOREVOLEZZA NON È FESSITUDINE!
Abbiamo detto che bisogna conoscere sé stessi per poter scegliere in modo consapevole il tipo di risposta che desideriamo dare.
Bisogna conoscere anche le persone alle quali desideriamo dare il nostro sano contributo in modo autorevole.
Non è facile essere sempre opportuni, efficaci e pertinenti, ciò che è importante e provarci!
Scelgo Mare Fuori ma non vi parlerò dei protagonisti nello specifico ma del messaggio educativo che mi ha colpita.
Già dalla prima serie è evidente una partizione fra i “cattivi” ed i “buoni” che io cambierei con “rettiliani” e “prefrontali”.
Oltre ad essere una consulente familiare sono anche un Tutor del Teen e Parent STAR un programma educativo sull’affettività e la sessualità degli adolescenti.
Sapere come funzionano gli adolescenti mi aiuta a comprendere quali sono i loro codici per capire come applicare l’autorevolezza, o almeno come provarci.
L’impulsività è una prerogativa degli adolescenti ma è anche una fase di passaggio che può e deve evolvere.
I rettiliani sono persone (adolescenti e non solo!) che sostano e permangono nell’impulsività/reattività…
Rispondono agli stimoli con la parte più antica del cervello (rettiliano), quella che si occupa della sopravvivenza e che re-agisce in modo impulsivo ed automatico.
Il gruppo dei rettiliani, di Mare Fuori, agisce secondo pochi canoni che richiedono poca riflessione:
- La famiglia non si tocca, anche se non ti piace.
- Gli amici sono fratelli e si scambiano favori senza sé e senza ma, fra loro sono permessi gli abbracci.
- Chi tradisce deve pagare/morire.
- Chi uccide deve dimenticare.
Come si fa con un gruppo di questo genere ad agire con autorevolezza? HELP!
Viene spontaneo pensare che l’autorità (forza contro forza) sia più efficace.
A fianco ed in contrapposizione ai rettiliani ci sono i prefrontali, ragazzi che hanno provenienze diverse ma in comune la sensibilità (letta come fragilità) e la capacità di comprendere e prevedere le conseguenze delle loro azioni.
Non accettano supinamente le imposizioni del Sistema (Il sistema si riferisce alla camorra).
Come si fa ad essere autorevoli con queste due categorie di persone così diverse?
In MARE FUORI, all’interno dell’IPM giunge una dirigente (Claudia Crescentini) che, pur essendo molto umana tenta di applicare le regole in modo perentorio, ponendosi in modo autoritario.
Lei è claudicante ed il gruppo dei rettiliani, per abbassare il livello di pericolosità della dirigente, le danno subito un soprannome sminuente: Punto e Virgola, proprio per fare riferimento alla sua andatura e renderla ridicola di fronte al “branco”.
Nessun educatore e nemmeno il comandante dell’IPM hanno un soprannome.
Infatti loro non si sono posti come autoritari per cui non hanno bisogno di essere sviliti per non essere temuti.
La direttrice con il tempo cambierà il suo modo di porsi e sceglierà alla rigida ed esclusiva autorità, la più flessibile autorevolezza.
Il comandante la aiuterà ad entrare nel cuore delle storie dei singoli ragazzi per farle provare l’esperienza della Compassione.
Solo attraverso la compassione si può aprire un varco e puntare sul fatto che a 17 anni non tutto è già determinato e si può cambiare.
Ricorre spesso la frase “C’è sempre un altro modo” e vale per tutti.
L’autorevolezza è un atto di fede che si fa sull’altro nonostante non sembri esserne degno. Forse non sarà degno per davvero ma bisogna continuare a tentare.
Far fare l’esperienza, a chi viene continuamente rimproverato ed etichettato negativamente, di sentirsi amato è la strada per l’evoluzione dall’essere impulsivo/reattivo/rettiliano al divenire riflessivo/responsabile/prefrontale.
QUANDO ARRIVA L’EMPATIA, L’AUTOREVOLEZZA SI SPOGLIA DAL DUBBIO DELL’INEFFICACIA.
Nella terza serie.
A seguito di fatti terribili accaduti nell’IPM, avviene un cambio di direzione in quanto dal Ministero si ritiene che ci sia qualcosa che non va e che i ragazzi non siano seguiti correttamente.
Beppe (Vincenzo Ferrara) è il più dolce e presente fra gli educatori, eppure di fronte a questo fatto perde la pazienza e rimprovera i ragazzi urlando loro che la direttrice è stata cambiata perché pensano che lei, il comandante e gli educatori sono dei fessi in mezzo ai ragazzi.
Un momento forte, drammatico… essere fessi significa, in questo caso, non essere all’altezza, essere dei bambocci alla mercé dei ragazzini…INADEGUATI NEL MODO PIÙ ASSOLUTO NEL LORO COMPITO EDUCATIVO.
Di fronte a questo scatto che sta fra l’ira, la delusione ed il dispiacere, Beppe smuove i cuori dei ragazzi che si rendono conto di avere PERSO.
Si, di avere perso la direttrice che li amava e li rispettava nonostante tutto.
L’autorevolezza è la regola che include sempre l’amore ed il rispetto per la persona.
L’autorevolezza non garantisce il cambiamento in meglio e non assicura che non accadano cose spiacevoli e questo non avverrebbe neanche con mezzi più direttivi ed autoritari.
Essere Autorevoli richiede Umiltà e quest’ultima, contrariamente a quanto si pensa, richiede molta Sicurezza in se stessi. Per capirci, non è debolezza!
La differenza è nella sostanza.
Attraverso l’umanizzazione del rapporto ed il rispetto reciproco, la regola ha più probabilità di essere accolta. Per il ragazzo la regola viene approvata se ha rispetto di chi gliela propone.
Nella qualità della relazione si rivela la potenza dell’autorevolezza.
Una fra le diverse decisioni prese dai ragazzi che confermano l’efficacia dell’autorevolezza è la scelta finale di Edoardo (Matteo Paolillo). Il capo dei rettiliani che sostituisce il famoso Ciro (Giacomo Giorgio).
Secondo il Comandante dell’IPM Edoardo è ormai troppo grande ed ha fatto la sua scelta di essere un malavitoso.
Eppure il ragazzo quando viene minacciato e ferito dalla famiglia camorrista che lo vuole fuori dai giochi decide di chiedere aiuto all’educatrice Liz (Anna Ammirati).
Quando comprende che i suoi nemici non demordono e lo trovano a casa di Liz, inizia una corsa contro il tempo mentre tenta di raggiungere l’IPM dove sa che sarebbe al sicuro, dove ci sono persone che, nonostante tutto, gli vogliono bene e davvero tengono a lui.
Un momento molto commovente dove Edoardo cade fra le braccia del Comandante che lo protegge con il suo corpo.
Quando l’autorevolezza (che non esclude al bisogno interventi autoritari) è applicata e scelta da chi è consapevole e lo fa con fede, rischiando anche di essere preso in giro, essa custodisce in sè la speranza di orientare in modo corretto.
Cinzia Trigiani – Consulente Familiare® e Tutor Teen e Parent STAR
Last modified: 26 Marzo 2023
Molto ben detto Cinzia