La scuola che in passato ha sempre privilegiato l’intelligenza cognitiva, negli ultimi decenni si è finalmente aperta a questa misteriosa intelligenza emotiva. E tu, come genitore, quanto ne sai? Rinnova il tuo punto di vista, su tuo figlio, in 4 mosse!
1 Tempo di pagelle: genitori o studenti “bocciati”?
I genitori hanno lavorato tutto l’anno e per i loro figli, hanno fatto da taxi: scuola in presenza, DAD, tamponi, DID, attività sportive, artistiche e le “famigerate” feste di compleanno dei compagni di classe, tutto Covid permettendo. Si sono divisi fra lavoro e casa, passandosi (quando entrambi i genitori sono collaborativi) la “staffetta”: nell’ascoltare i propri figli nei compiti di geografia, storia, scienze, ecc. e magari, provando ad aiutarli nelle divisioni a 2 cifre, nella soluzione dei problemi di geometria, nella traduzione di inglese od a scrivere un testo creativo. Un impegno gravoso e fatto con l’intenzione più benevola: essere d’aiuto al proprio figlio perché sia bravo a scuola! Eppure, nonostante gli sforzi e l’affanno del genitore nel coordinare tutto il menage familiare-scolastico-lavorativo, il figlio potrebbe non essere andato comunque bene a scuola. Potrebbe succedere che i genitori di fronte ad una brutta pagella facciano l’esperienza sgradevole di sentirsi di non essere stati capaci di seguire, in modo adeguato, il proprio figlio, oppure potrebbero convincersi che il proprio figlio non sia adeguato, che non sia bravo e basta, che non sia all’altezza di studiare e prendere buoni voti!
Frase tipica, ricorrente e talvolta anche legittima: – “Ma come? Abbiamo ripetuto storia tante volte fino alle 10:00 di ieri sera, perché non hai risposto alle domande dell’insegnante?”.
Insomma, nella sensazione di molti genitori, “sul registro dei voti”, quando il figlio non è bravo a scuola, c’è posto sia per i genitori che per il figlio, una cosa è certa: non rimarrà vuoto!
Siamo a maggio e, lo sappiamo, è tempo di verifiche, gli insegnanti iniziano il mantra del “ci mancano i voti”, ultimi giri di corsa per soddisfare i registri “incompleti”, vengono somministrate interrogazioni e verifiche scritte a raffica, anche più di due nella stessa giornata, la pressione dello studio si alza insieme alla temperatura ed ai feromoni che mettono voglia di uscire, di andare al parco e, per chi può, al mare. Mi capita di incontrare genitori che, in questo periodo specifico, supplichino i propri figli perché vadano volontari in quella data materia per recuperare l’insufficienza, per scongiurare di portare a casa il debito…Spesso non ottengono risultati, restano nello sconforto di fronte ad un figlio che sembra non ascoltare/ubbidire/capire cosa, di buono, vogliono trasmettergli.
Allora, cosa sta accadendo? Hanno di fronte un figlio che, a sentir loro, non è “bravo a scuola”.
Qui si può intravedere un pò di confusione. La valutazione a chi è stata fatta? Capita che i genitori sentano la valutazione del figlio come fosse propria ed è anche vero che si sono impegnati anche loro affinché facesse bene i compiti. Focalizzare questo, cioè che a scuola ci va il proprio figlio ed è lui che viene valutato, già sarebbe un bel passo in avanti per aumentare la lucidità genitoriale ed alleggerire i pensieri negativi al fine di essere più obiettivi.
2 Tuo figlio non è bravo a scuola, cosa fai?
Fatti salvi i casi in cui sia stata fatta una diagnosi ufficiale per la quale è necessario che si attivino dei protocolli di sostegno, anche quando tuo figlio non va bene a scuola c’è, dietro, sempre un motivo da ascoltare! Eppure i genitori fanno fatica ad accettare che il figlio non prenda buoni voti, magari si guardano in giro e osservano i compagni di classe e se sono bravi, la frustrazione aumenta. Sembra davvero che l’insufficienza, il debito o la bocciatura, siano un pò anche le loro, magari per “consanguineità”.
A questo punto, il genitore che si sente a disagio per suo figlio, come guarderà questo ragazzo? Quali saranno gli occhi che volgerà a suo figlio per aiutarlo nella sua difficoltà? Certamente non saranno quelli del genitore che ha appena visto suo figlio vincere una gara di ginnastica artistica o di karatè!
Il figlio, dall’epoca in cui era piccino ed era al centro del cuore di mamma e papà, dei nonni e degli zii che quando lo vedevano si inginocchiavano per accoglierlo a braccia aperte con un mega sorriso in attesa di un abbraccio, con l’inizio della scuola comincia a sentire lo sguardo critico su di sé, da parte dei genitori attraverso i continui inviti ad impegnarsi di più, i mormorii fra i parenti per il suo rendimento e lo sguardo serio dell’insegnante che lo rimprovera, di fronte alla classe, perché non è preparato.
Il suo modo di affrontare tutto questo imbarazzo può avvenire:
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assumendo un atteggiamento di chiusura
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di sfrontatezza/opposizione
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di menefreghismo/ilarità
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altro…
Ma attenzione, cari mamma e papà, queste sono maschere!
Il ragazzo vive gli stessi stati d’animo dei genitori, si sente inadeguato, incapace, frustrato, alle volte condannato a rimanere così, sente di avere deluso mamma e papà, prova vergogna fra i parenti quando gli chiedono come va a scuola, si sente considerato incapace/sfigato fra i compagni di classe, non considerato da alcuni insegnanti, sente decine di “etichette” messe sulla sua fronte dalle quali non può proteggersi se non nei modi che ho sopra elencato.
Quali sono i possibili scenari per i quali tuo figlio “non è bravo a scuola”?
Probabilmente non si sente sicuro, forse è emotivo, oppure chissà quale vita sociale gli sta capitando fra i suoi coetanei… Può essere che abbia delle lacune che non gli permettono di comprendere certe materie, penso a grammatica, matematica, alle lingue, a chimica, eccetera, ovvero a quelle materie che non si compiono anche solo in capitoli ma richiedono continuità negli anni fra le conoscenze complementari e propedeutiche. Può essere che ci siano degli insegnanti molto permissivi che non stimolino la disciplina o molto severi e causino il mal di pancia…
Può essere che il ragazzo si distragga molto perché tutto ciò che accade in classe lo attira, lo chiama alla vigilanza, perché forse è abituato ad avere tutto sotto controllo, oppure che sia sensibile ai volumi molto alti ed alla confusione.
3 Studenti si diventa!
Non si nasce studente, si diventa. La scuola che abbiamo avuto fino a qualche decennio fa teneva conto di un solo tipo di intelligenza, quella cognitiva, il famoso Qi, quoziente intellettivo. È un tipo di intelligenza razionale che si presta molto al metodo scolastico, a quel preciso metodo di apprendimento, quando si dice che il ragazzo viene scolarizzato vuol dire proprio che è “adatto” alla disciplina scolastica, che è capace di contenere la sua parte emotiva. Fin qui nulla da dire se non fosse per il fatto che in questo modo viene esclusa una larga fascia di potenziali ottimi studenti che sono predisposti ad un altro tipo di apprendimento che prevede l’inclusione delle emozioni e delle diverse modalità e tempi di espressione e contenimento.
Daniel Goleman psicologo specializzato in psicologia clinica e sviluppo della personalità, scrittore del libro Intelligenza Emotiva, dice: “Il ruolo del sentimento nella vita mentale è sempre molto trascurato, […] l’intelligenza emotiva è un termine che include l’autocontrollo, l’entusiasmo e la perseveranza, nonché la capacità di automotivarsi […] Tutto questo può essere insegnato ai bambini, mettendoli nelle migliori condizioni e favorire e far fruttare qualunque talento intellettuale che la genetica abbia dato loro”. La scuola si sta adoperando in questo, è una rivoluzione mastodontica e lenta e viene accolta, dagli insegnanti, a macchia di leopardo.
Ma anche nella famiglia l’educazione emozionale dei figli può non essere lasciata al caso. Dovrebbe essere fondamentale insegnare ai propri figli l’autoconsapevolezza, l’autocontrollo e l’empatia, ma anche insegnare ad “ascoltare ascoltandoli”, e mostrare esempi di cooperazione. Senza questi fondamenti, i ragazzi entrano nella loro prima società, la scuola, come fili d’erba lasciati al vento, sprovvisti di consapevolezze, di limiti e potenzialità.
Se non si da importanza alle emozioni è bene sapere, come ci suggerisce Goleman, che “Nel bene o nel male, quando le emozioni prendono il sopravvento e l’intelligenza (Qi) può non essere di alcun aiuto”. Allora dobbiamo fermarci qui e riflettere!
Ciò che vive tuo figlio, sotto l’aspetto emozionale, sia a casa che a scuola fra i compagni e gli insegnanti, può influenzare moltissimo il suo rendimento scolastico. Se si parla di un ragazzo sensibile, che sia introverso od estroverso non ha importanza, porterà con se un bagaglio di emozioni di cui non si può non tener conto e che condiziona la sua quotidianità.
Quando il figlio torna da scuola, un tipico modo di accoglierlo può essere questo:
- “allora, come è andata” la risposta ufficiale tende ad essere – “bene”, “normale”, “tutto ok”.
- “Scienze ti ha interrogato?” – No
- “Come mai?” – risposte generiche: “non lo so”, “ha spiegato”, “c’era il supplente”.
Fine.
4 Come far sì che tuo figlio diventi “bravo” a scuola.
Nella conversazione su indicata, non abbiamo alcun tipo di discorso che miri alla conoscenza del proprio figlio, a quale sia l’esperienza emotiva, valoriale ed etica vissuta in classe, se ci sono cose che lo hanno divertito o lo hanno infastidito, come sta con i suoi compagni, se ha un amico di riferimento, se c’è una materia che gli piace e lo entusiasma, se ha scoperto qualcosa di nuovo o se c’è una fatica nella comunicazione, o nella esposizione personale.
Il Qi dei ragazzi, al di là della dimensione, non lo mettiamo proprio in discussione! Ciò su cui possiamo lavorare sono:
a) L’autoconsapevolezza, che insegna loro a fare esperienza dei propri talenti e dei propri limiti o difficoltà su cui si può lavorare.
b) L’autocontrollo, che arriva dopo la consapevolezza; se il ragazzo scopre di avere difficoltà ad esporre una materia teorica è importante aiutarlo innanzitutto ad assicurarsi che il compito di lettura sia stato compreso, che ne abbia colto il significato o l’esperienza narrata, dopo di che si può spiegare che è necessario, per tutti e non solo per lui, un allenamento verbale (ripetere ciò che ha capito) fino a quando il cervello non avrà organizzato, insieme alla parola, il discorso in maniera fluente e questo succederà solo quando sarà padrone del contenuto. A quel punto ci sarà autocontrollo! Tutto questo processo richiede pazienza, tempo, capacità di entusiasmare. É vero anche che i genitori ,spesso, investono tempo nell’aiutare i propri figli a scuola, allora perché non farlo nel modo più ottimale e specifico per ciascun figlio?
c) L’empatia e l’ascolto. L’empatia significa saper leggere ciò che accade nell’altro, che sia il compagno o l’insegnante, per contestualizzare meglio ciò che avviene in classe senza sentirsi al centro di un “attacco” o di un’attenzione indesiderata. L’ascolto va a braccetto con l’empatia, se si ascolta la versione del ragazzo senza fargli sentire che è parziale, insufficiente, ingenua, ecc. (anche se probabilmente è così) il ragazzo prenderà sempre più fiducia in se stesso, perché se oggi la sua percezione è veramente parziale noi possiamo integrarla grazie alla fiducia conquistata attraverso l’ascolto e lui, crescendo, farà lo stesso evolvendo consapevolmente e sentendosi accompagnato.
Buona estate a tutti!
Cinzia Trigiani – Consulente Familiare® – Tutor attivo Teen e Parent STAR
Last modified: 23 Maggio 2022
Articolo meraviglioso! Grazie mille …e a sto punto devo leggere Goleman…ma proprio subito!!!!
Grazie di cuore e buona lettura!!!;)
Cara Deborah, lo hai letto? ;)ù